Roberta Congiu | Distorsioni

 Mostra d’arte contemporanea

 

Roberta Congiu, Distorsioni, opere in mostra, Spazio e Movimento - Cagliari
Roberta Congiu, Distorsioni, opere in mostra, Spazio e Movimento - Cagliari
Roberta Congiu, Distorsioni, opera, 2024, Spazio e Movimento - Cagliari

Il corpo si fa metafora dell’essere

Distorsioni è la mostra personale di Roberta Congiu
ospitata da Spazio e Movimento dal 13 al 27 aprile 2024.
Curatela e testo critico sono di Ivana Salis, fotografie di Massimiliano Frau
e progetto grafico di Alice Agus.

In questi ultimi anni Roberta Congiu ha continuato a maturare la sua ricerca formale sul corpo come mezzo di espressione visiva. Ci sono delle scelte confermate e altre portate alle estreme conseguenze. La maestria dell’artista si trova in un crescendo di tensione, che porta a ricercare con gusto l’estrema perfezione del dettaglio, dalla grana del tratto che diventa impercettebile, ai passaggi di chiaroscuro, tanto morbidi da diventare un’infinita scala di grigi.

Le opere di “Distorsioni”, tutte realizzate con penna a sfera su carta, si concentrano su una serie di pose altamente plastiche, connotate dall’iperbole del dinamismo, dalla ricerca del limite, dal turbamento del corpo. Rigorosamente privi di testa, sono corpi che si distorcono in uno spazio indefinito, ma limitato da cornici, che circoscrivono in stretti confini, come caselle dentro le quali doversi incastrare.

L’artista sceglie il nudo per definire la poesia del suo tragico contorcersi, usa le fosse degli inguini, gli sbalzi delle costole, le valli del ventre, le timide protuberanze del seno, in un consumarsi che è metafora dell’essere contemporaneo, a cui manca sempre l’interezza, il pieno senso del compiuto.

Il pathos espresso da queste forme riporta a grandi opere dal carattere scultoreo, dove il disegno ha la stessa forza della pietra. Nelle torsioni e nei piegamenti, negli sforzi di queste fasce di nervi, si palesano quelle stesse ragioni che ancora oggi ci attraggono verso capolavori come “Il ratto di Proserpina”, l'”Estasi di Santa Teresa” o la “Beata Ludovica Albertoni”, in cui Bernini ha raggiunto le più alte vette della fragile sensualità corporea.

Nella strumentalizzazione del corpo abbiamo trovato i motivi delle nostre battaglie, dalla violenza abbiamo tratto il coraggio della denuncia, dalla costrizione abbiamo imparato a immaginare nuove strade, percorse da difficoltà prima celate e ora designate da artiste come Roberta Congiu, che con forza e determinazione trova nel corpo lo specchio delle difformità, struggenti similitudini del linguaggio che non trova parole, se non mostrarsi in tutta la sua patetica disperazione, in una galleria dello straniamento tradotto nelle sembianze del male di vivere.

Ivana Salis

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